Finestra, Angelo Sturiale

Finestra

Regalami / innocenza e stupore in epoca di lune, ha scritto Angelo Sturiale nella raccolta poetica Finestra (Algra, 2021). Una struggente e difficile dedica: l’augurio di ritornare corpi silenziosi che desiderano senza mete, ma anche acqua o vento tra gli aromi dei tuoi sogni. Riscoprire la dimensione pura e incontaminata dell’altro. Distillato d’amore per il corpo.

Non ho mai pensato che il pianoforte avesse bisogno di encomi ufficiali, tanta è l’ammirazione che già gode incondizionatamente tra pubblico, compositori e musicisti. Delle tre apologie dedicate a strumenti meccanici, quella per lo strumento a corde percosse è la terza. E chi del pianoforte ha altro pensiero, legge con curiosità questa perorazione in prosa libera: la scrittura è solare, energica. Non mancano termini tecnici (martellare, biscrome, cadenze, frequenze, cromatico, doppie terze, pedale, tasti eccetera), ed è lode alla trasformazione: dal corpo all’anima, dal meccanismo all’universo. Le possibilità espressive del pianoforte sono tante quante quelle di un’intera orchestra. E di ciò (e per ciò) il pianoforte non è mai stato incolpato. Un altro invece è il reato sottaciuto, ma così grave che giustifichi un difensore: e sarebbe in effetti gravissimo uccidere il proprio amore ed occultarne il cadavere. Perché tra tutti gli strumenti è quello che intossica in armonie e poi ammazza letteralmente la voce del canto, fatto a tronconi, spezzettata, astratta, meccanica. 

Altro

Il tornello dei dileggi e Catania

Questo, per intenderci subito, non è un romanzo su Catania, ma la città etnea è presenza invisibile. Nel Tornello dei dileggi (Salvatore Massimo Fazio, Il tornello dei dileggi, arkadia, 2021) il nome della città etnea è citato parecchie volte. Come l’apparizione della Madonna. Lei si fa vedere una volta sola: poi resta tra le mani la toponomastica, l’assenza e i desideri. Catania non si vede, ma è un nome: direi che sarebbe persino veramente innominabile in quanto indescrivibile, e per questo mille volte invocata. Un’assenza continua, come nelle migliori liriche. Silvia, Lesbia, Laura, Beatrice. Nominate, invocate, fantasmatiche. Il nome (le lettere del nome) abbracciano tutto quanto è di lei rintracciabile. Il nome desiderato, assente ed inconoscibile, oggetto di celebrazione o bestemmia.

Altro

PER UNO SCIASCIA DOSTOEVSKIANO

di Marco Trainito

Nel 2021, com’è noto, ricorrevano due importanti anniversari letterari: il bicentenario della nascita di Fëdor Dostoevskij e il centenario della nascita di Leonardo Sciascia. Assai opportunamente, pertanto, la studiosa siciliana Antonina Nocera ha dato alle stampe già nel marzo del 2020 un breve e denso saggio in cui è tracciata un’ipotesi interpretativa su certi echi dostoevskiani nell’opera di Sciascia. Il volumetto, edito dalla casa editrice Divergenze di Pavia, si intitola Metafisica del sottosuolo. Biologia della verità fra Sciascia e Dostoevskij ed è arricchito da una prefazione di Antonio di Grado, direttore letterario della Fondazione Sciascia, e da una postfazione del critico letterario e cinematografico Federico Fiore.

Altro

Elegia per un cielo capovolto

Se volessi definire – ogni definizione soffre l’errore dell’ambiguità – Il generale inverno di Gabriella Grasso (ed. Il Convivio) direi che i componimenti che ne danno vita sono elegie. L’elegia è la tonalità dell’assenza, della separazione dall’oggetto del desiderio – penso a Zanzotto – e in essa si ritrova il contatto struggente con la lontananza. Nel Generale inverno l’elegia è invocazione in absentia, appunto. Attraverso le armi della parola la poetessa intona un desiderio di unità. La vicenda o l’avventura della ricomposizione – separazione e, chiamiamola, palingenesi – avviene prevalentemente in uno spazio tutt’altro che urbano e industriale, ma naturalistico e simbolico. L’elegia quindi si converte in idillio, e l’idillio, come scrive Julian Barnes a proposito della relazione tra Dmitri Shostakovich e Tanya, inizia dove l’amore si è spezzato.

Altro

Giacca

Tolse subito una giacca dalla seggiola e la sollevò un istante con ambo le mani come per sottoporla al giudizio dei custodi. Questi scossero la testa: «Ci vuole una giacca nera». K. buttò allora la giacca per terra e, senza sapere nemmeno lui in quale senso, disse: «Non sarà ancora il dibattimento». I custodi sorrisero, ma insistettero nel loro: «Ci vuole una giacca nera».

(Franz Kafka, Il processo, 1925)

A proposito di Maneskin

A proposito dei Maneskin. Qualcuno afferma non sia true rock. Forse il leader dei Maneskin ha mai dichiarato di essere un vero (o falso) cantante rock? I’m a rock singer, eventualmente. Applaudire o non applaudire, questo è il problema. Se fossimo in presenza di una vera rock band, questa eseguirebbe cover nei pub di provincia, tra un vasetto di patatine fritte e una birra artigianale. Quindi archiviamo la domanda, poiché i fatti, per ora, raccontano di una nuova rock band nel panorama della musica internazionale.

Altro

Corpo

Il Guarnotta seguiva col corpo ciondolante l’andatura dell’asinella, come se camminasse anche lui; e per poco veramente le gambe, coi piedi fuori delle staffe, non gli strisciavano sulla polvere dello stradone.

(da Luigi Pirandello, La Cattura, 1918)

La cattura, Pirandello

Un signore avvilito, stanco, porta per anni il lutto della morte del figlio. Trascorre le giornate in campagna, viaggia cavalcando un’asinella, si è risposato. Un giorno i banditi lo fermano per strada e lo sequestrano pensando di poter ottenere un buon riscatto. Invece nessuno si cura della scomparsa del Guarnotta, così si chiama il signore, al punto che i banditi sono in dubbio se ucciderlo oppure lasciarlo libero. Nel frattempo il Guarnotta, condotto in una grotta di montagna, ha riconosciuto l’identità dei sequestratori. Per i banditi il rilascio è troppo pericoloso. Temono la denuncia ma d’altra parte non vogliono sporcarsi inutilmente le mani di sangue. Decidono dunque di mantenere in vita l’uomo, sotto stretta vigilanza, finché non sarebbe morto di morte naturale. Il Guarnotta, a cui è negata la libertà, riscopre un’altra esistenza: legge, filosofeggia sulla luna e gli astri, conosce le famiglie dei banditi, diventa come un nonno con i bambini, un santo. I carnefici sono le vittime e la vittima è carnefice. Questa la trama del racconto La cattura di Luigi Pirandello.

Altro

COME NON SI SCRIVE UN LIBRO SU DOSTOEVSKI

di Marco Trainito

Una premessa doverosa a questa nota fortemente critica sul libro di Paolo Nori “Sanguina ancora. L’incredibile vita di Fëdor M. Dostoevskij” (Mondadori 2021), è che l’autore è uno che sa benissimo di cosa parla, essendo un esperto di letteratura russa, nonché un traduttore di classici russi (Puškin, Gogol’, Turgenev, Tolstoj, Cechov, Gončarov e lo stesso Dostoevskij). Questo vuol dire che sull’argomento del suo libro Nori ha dimenticato più di quanto siano in grado di ricordare quasi tutti i suoi lettori, e quindi ha le carte in regola per scrivere una biografia romanzata memorabile su Dostoevskij.

Cosa c’è, dunque, che non va in un libro che sa farsi apprezzare soprattutto per la mole di informazioni che fornisce non solo su Dostoevskij ma anche su una folla di scrittori e critici soprattutto russi che in vario modo hanno avuto a che fare con Dostoevskij?

Altro