Al poeta si può incolpare la mancanza di coraggio nel forzare l’illusione, non la sincerità dell’intenzione. La colpa è non essere stato meno sincero di quanto la sincerità imponesse. Rompere gli argini e farci cadere a testa in giù in un inferno incantato. Non lo ha fatto, anche se aveva carta bianca. Forse la pandemia, forse la sua verità lo ha fregato.
Archivi degli autori: Provincia Letteraria
Riproduzioni in scala, Marra
Non c’è nessuna storia attorno a noi / non siamo / neanche soldati d’avanguardia / macellati nemmeno / eroi ingigantiti nei quadri – siamo i sacrificati durante il raccolto, le città sostituite dalle strade, dai cartelloni pubblicitari.
Ma l’essere non è il divenire.
Tutti part-time e i mercati / crolleranno, tutti disertori e le guerre / smetteranno …
Un dichiarato sentimento d’alienazione della ‘pienezza dell’essere’, dalla gioia dell’esistenza. Il contesto sociale e urbano è conseguenza. Non c’è, dice il poeta, un fronte di guerra, non c’è un nemico per cui vivere o morire: siamo già morti:
Vic, Francesco Cusa
Uno, Vic (Algra, 2021), fa la sua vita, e se la fa da solo soprattutto quando è in relazione con gli altri; nella solitudine rafforza il proprio ego anche quando l’altro va via o muore: per lui è un’opportunità per riprogrammare l’esistenza. E tutto questo è eticamente scorrettissimo, ma Vic esiste per dare mazzate sulla gobba dei sentimentalismi e delle pratiche morali comunitarie, mazzate ai costruttori di storie politicamente corrette, mazzate al lettore standard di sentimenti depurati. Vic è uno che quando si racconta fa satira, invettiva, sarcasmo. Troppo odioso, ma troppo infelice. Sessista, vero nazista del buonismo, disumano a parole. Non si riconosce nella città di provincia in cui vive (l’incipit del romanzo è un omaggio pirandelliano), e poiché non può sfuggire al proprio destino, si fa personaggio di se stesso.
Klara and the sun, Ishiguro
Klara and the sun di Ishiguro delude. Tanto geniale è il tema (l’intelligenza artificiale che aiuta l’uomo ad affrontare problemi esistenziali) e la modalità con cui l’azione narrativa procede, altrettanto delundente e monotono è l’ultimo quarto del romanzo, quando la vicenda svela significati metaforici e pedagogici.
Il problema di fondo è che Klara, pur avendo un proprio libero arbitrio programmato, non prova veri sentimenti. E di conseguenza, se essenzialmente triste per il lettore è seguire la fine che l’androide farà dentro uno scantinato oppure all’interno di una esposizione museale; per Klara stessa non c’è nulla di meglio che aver svolto perfettamente il compito per cui è stata creata: vincere la solitudine di Josie. Ma nell’androide non c’è emozione, e l’assenza emotiva della macchina traspare anche nella scrittura.
Amur del temp, Franco Loi
L’amore, come nella tradizione poetica del Duecento, dalla poesia provenzale al Dolce Stil Novo, è un’esperienza di passaggio che conduce verso le regioni della luce. Il mezzo, il tramite dell’esperienza, è la donna: la figura femminile simbolicamente o allegoricamente, quanto meno in certa esperienza stilnovista e in Dante, rappresenta la sapienza oppure la fede, la virtù della bellezza che nobilita il cuore, ma lo scuote fino a farlo morire. Ma la donna smaterializzata e angelo non è la donna di Franco Loi in Amur del temp (1999), ma intatta è la beatitudine carnale e spirituale che le regioni della luce d’amore promettono.
Ione, Euripide
Nella Tragedia Ione di Euripide il protagonista principale è appunto questo giovane senza nome che è improvvisamente così battezzato (“colui che viene”) dal supposto padre biologico, Xuto. Ione entra in scena con una scopa di rami d’alloro, annaffiatoio e arco. È addetto alla pulizia dell’altare di Apollo: con l’arco scaccia gli uccelli che vanno a beccare i doni votivi. Spazza il tempio di Apollo e mette in fuga anche aquile e cigni. Egli non sa ancora chi sia suo padre e sua madre, è cresciuto nel tempio a Delfi, e qui è diventando adulto. Il suo è un lavoro servile, ma lo svolge con dignità. Alla fine della tragedia conoscerà l’identità dei suoi genitori: è figlio di Creusa e del dio Apollo, ma è bene, per opportunità, che tutti credano che il padre sia Xuto, l’attuale marito di Creusa. Così anche la madre riconoscerà l’identità di Ione, e Xuto sarà tratto in inganno credendo Ione un figlio naturale avuto durante una festa bacchica. La tragedia procede per dialoghi, come fossero interrogatori: Ione e Creusa, Xuto e Ione, Creusa e un vecchio consigliere, Ione e la Pizia, Creusa e la corifea.
Ulisse, la virtù e la conoscenza
Ulisse è un bugiardo, ma ha un sogno.
Ulisse vuole raggiungere la fine del mondo, e i confini del mondo non si possono raggiungere da soli. Per realizzare questo sogno ha bisogno di altre persone: ha bisogno di marinai.
Ulisse è un bugiardo ma ha un sogno: vuole vedere dove il mondo finisce. Lui sa che questo viaggio non potrà farlo da solo, ha bisogno di compagni. Ulisse deve convincere i compagni a seguirlo.
Ulisse è un bugiardo. A lui non importa quale siano i sogni e le ambizioni dei suoi amici marinai. Ulisse è un egoista: a lui interessa raggiungere il proprio sogno, fare il proprio viaggio.
Per convincere i suoi amici mariani a seguirlo, abbandonare i propri sogni e credere al sogno del loro capitano Ulisse, Ulisse si inventa una bellissima idea, un’idea falsa: regala un’idea, una bugia (con la ragione è possibile conoscere la verità), una convinzione: un sogno da condividere. Un sogno per cui vale la pena viaggiare e morire.
Il cielo pende dai lampioni, Cannizzo
È vero che il pronome Io non trova luogo, ma è più vero ancora che l’Io si è calato nella buca del suggeritore e sul palco è di scena l’analogia: la figura retorica più amata dalla tradizione poetica modernista. Essa, come usata dal poeta della raccolta Il cielo pende dai lampioni (Algra, 2020), Enzo Cannizzo, plasma immagini stentoree, epigrammi dalle ali iridescenti. E, in questa mia lettura, le poesie sembrerebbero emanare bagliori di ombra, luci di assenze, proiezioni di ex vita, essenze dell’altrove.
Suite Etnapolis, Lanza

Nessuna
storia fuori dalle celle dei numeri
Si conclude così il giovedì di Suite Etnapolis di Antonio Lanza, ed. Interlinea, 2019.
Poco prima:
ti ricordi con un misto
di eroismo e malinconia
il cielo com’era chiaro
prima di entrare.
Tutti noi, che al centro commerciale abbiamo trascorso anche poco tempo di un tempo estivo, sappiamo quanto siano dissonanti il fuori e il dentro. Etnapolis sorge, come tanti centri omologhi, in una vasta zona confluente di strade, e tanto più queste si allontanano dal pachiderma mercato, quanto più le strade riprendono il volto solito – buche, strati irregolari d’asfalto, guardrail divelti – e di conseguenza col freddo c’è il freddo, e col caldo canicolare d’agosto puoi friggerci sull’arido suolo l’uovo e calare la pasta nell’acqua che bolle in pentola.
replay Amelia Rosselli

questo testo nasce da un incrocio di
idee suggestioni dalla lettura di Spazi
metrici di Amelia Rosselli una delle
considerate più importanti poetesse del
Novecento. Ho regolato il righello per
ottanta battute e ho cominciato a
scrivere avendo come punto di
riferimento solo idee senza pensare
dove queste dentro lo spazio cadessero
importante che cadano senza che ci sia
un obbligo calcolato dall’io scrivente,
bensì della macchina che ricostruisce