Cosa serve per sbrinare il frigo? Basterebbe non tenere bassa la temperatura, alzare il tiro, riacciuffare quanto è rimasto sospeso in una bolla di temperatura ardente. Gatsby è un eroe romantico e assurdo. Un pazzo che s’inventa un’esistenza per riappropriarsi del passato. Il tempo scorre inutilmente, il passato è l’unica certezza. Sono cinque anni, cinque anni senza Daisy. Nel frattempo si è fatto ricchissimo, vive apparentemente da Trimalcione, ha assunto i valori di una società cinica e disinvolta: atteggiamento indispensabile per coronare il suo sogno puro e incontaminato. Qualcosa di struggente e incomprensibile sprigiona dalle pagine di Scott Fitzgerald, insofferenza e ammirazione per Gatsby, un insopportabile sbruffone, un delinquente esibizionista, eppure un idealista solitario e triste, una sorprendente anima superiore. Imbalsamare il passato edificando un tempio senza età, coltivare una memoria cieca e assurda, un accanimento contro la vita, questo fa Gatsby; così come la sua malinconica appartiene a noi che viviamo ruderi e campagne, che di vita hanno solo il ricordo della gioventù e degli anni trascorsi. La musica cambia, il tono è incomprensibilmente interrogativo. Quanta bellezza, questo mare, queste pianure, abbandonati e sognati. Ci vorrebbe un grande, magnifico, Gatsby, che faccia i conti coi propri sogni, e che non vada via, per fare l’amore con altri occhi. Noi siamo romantici e imbalsamatori, che vorremmo vivere stanze diroccate, con quel battito di cuore che scioglie lacrime di tempo andato. E pur sapendo quanti mostri crei la solitudine di un cuore desolato, il nostro amore continua a essere rivolto a scheletri e carcasse sfatte; come se avessimo facoltà di vedere fantasmi anziché ossa, sentire emozioni anziché odori. Daisy, la nostra Daisy, è cinica, falsa, una donna sconfitta e stanca, e il bene per lei non è la reincarnazione di un sentimento enorme, della giovinezza eterna; è farsi turista di se stessa.
Ecco che noi così disprezziamo Daisy per quanto sia possibile disprezzare la bellezza di una donna; e sentiamo profonda comunanza con Gatsby. Sappiamo di essere passato e che nulla come allora è talmente vero e genuino. Quod egimus certum est, e lì riposa la nostra divinità, tutto ciò che potrebbe dare senso all’esistenza. La vita è un continuo andare a ritroso, togliersi di dosso inganni e pose estetiche, e ritornare al punto in cui la via si è smarrita perché qualcosa di molto triste ci ha preso per mano per ricordarci chi non potremmo mai essere.