E anche Stefano, benché certe mattine uscisse all’alba e andasse da solo sulla sabbia umida a vedere il mare, cominciò, quando sentiva all’osteria che nessuno sarebbe venuto quel giorno con lui, a temere la solitudine e ci andava soltanto per bagnarsi e passare mezz’ora. Da Cesare Pavese, Il carcere. Chi abita un paese di mare, e conosce l’onda meglio di qualunque altro, il mare non vuol dire nulla o soltanto refrigerio. La moda, perché moda è costume abitudine consuetudine, del nostro mezzo secolo trascorso, è il ritiro balneare e l’affaccio all’orizzonte e la casa con veduta blu. Un sovrapprezzo ai sogni, un simbolico pensare gratis. Un orlo indefinito, il vago attendere. Un precipizio sfumato a colori. Chi il mare lo conosce, nel mare trova invece attività pratica, diventa lupo, riconosce i venti. Aspettare che l’infinito dia pace, è un pensiero leopardiano, si fa poesia. La vita è Robinson Crusoe, che accerchiato dal mare trova salvezza in terra.