Ho letto questo breve romanzo edito da Exorma.
Tema e variazioni, in breve. Prendi tre cose: un cane, la neve e un piede, le posi in montagna, d’inverno, aggiungi una suggestione personale, e potrebbe nascerne una storia appassionante e misteriosa. Così avrebbe fatto l’autore, Claudio Morandini.
Mi sono chiesto se la mente del protagonista possa in realtà funzionare proprio nella maniera in cui è stata rappresentata. Il lungo monologo sostituito da finti dialoghi è davvero ricco di spunti che conferiscono leggerezza al tema trattato. Non credo sia corretto cercare un rigoroso realismo. La storia sarebbe surreale e favolistica, leggera e al tempo stesso cupa e disperata, eppure benedetta dal biancore della neve.
Certo, si sarebbe potuto approfondire sulla vita del protagonista, che risulta un po’ così, rimane in aria (il capitolo settimo credo sia un capitolo di “riparazione”), e questo ripetere sempre il nome come un mantra, per colmare ciò che non si sa e non si saprà mai di Adelmo, potrebbe stancare il lettore, svelando un gioco ipnotico.
Ho apprezzato soprattutto la montagna come descritta, e quell’idea di fuga e rinuncia beffarda dalla civiltà che, anche se non se ne comprenda bene il motivo, corteggerebbe l’autore e, di riflesso, il suo lettore