È un poeta un po’ maltrattato dalla critica che mette in discussione l’originalità dei suoi componimenti, e dalla scuola: l’amore pederotico e certo razzismo non piace. Ma è un poeta crudo, asciutto. Politicamente scorretto. Chiaro, nei pensieri. È poesia d’esortazione, la sua. Vorrebbe offrire insegnamenti, il genere è gnomico.
“Sazietà invero partorisce tracotanza, quando ricchezza si accompagna a un plebeo e a chi mente salda non ha”.
poi …
“chi ha un male e chi ne ha un altro ma è fin troppo chiaro che nessuno è felice fra tutti gli uomini che il sole contempla”.Erano sentenze recitate durante il banchetto. Il poeta manifesterebbe un pessimismo sgalambriano, ben oltre il dolce pessimismo di Leopardi:
“Se hai il favore degli dei anche il maledico ti loderà: a nulla giova l’industrioso zelo degli umani”.
Il poeta ha davvero pochi amici:
“Nulla è più difficile da riconoscere, o Cirno, dell’uomo falso così come nulla val più della circospezione”
Sembra un uomo segnato dall’amarezza, dalla perdita di ogni illusione, in una società di lupi, assediato dalla povertà, inaridito dal fallimento dei sentimenti. Non c’è saggezza. Trasuda malumore.
“Molte cose mi passano oltre non senza che io me ne avveda, ma sono costretto a tenere la bocca chiusa: mi rendo conto a che grado è ridotta la nostra forza”.
La vita non dà alcuna felicità, tranne che nell’amore.
Ma anche quello, prima o poi, finisce.
Il poeta, a quanto scrive Platone, era siciliano, della sfortunata Megara iblea. Seguendo Aristotele la sua patria era Megara Nisea. Ma il sangue è nostro, comunque.
“Ahimé, giovinezza! Ahimé, vecchiaia maledetta! Una arriva e l’altra se ne va.”
oppure …
“Non ho tradito nessun amico, nessun compagno fidato: non c’è meschinità nella mia anima.”
Oppure leggete queste:
“Poiché non mi sono rassegnato a essere nato, ne profitto per tramutare in conoscenza l’indignazione”; “Semplicemente, ahimé, l’altro esiste”; ” Io non voglio esercitare alcuna influenza sugli uomini. In ciò io vedo la mia chiericatura”.
Ma queste ultime citazioni non sono del megarese, ma di un filosofo a noi prossimo, di Lentini, l’ultimo filosofo della Magna Grecia: Manlio Sgalambro.
Il megarese invece visse nel VIII secolo prima di Cristo e faceva Teognide di nome.