Ione, Euripide

Nella Tragedia Ione di Euripide il protagonista principale è appunto questo giovane senza nome che è improvvisamente così battezzato (“colui che viene”) dal supposto padre biologico, Xuto. Ione entra in scena con una scopa di rami d’alloro, annaffiatoio e arco. È addetto alla pulizia dell’altare di Apollo: con l’arco scaccia gli uccelli che vanno a beccare i doni votivi. Spazza il tempio di Apollo e mette in fuga anche aquile e cigni. Egli non sa ancora chi sia suo padre e sua madre, è cresciuto nel tempio a Delfi, e qui è diventando adulto. Il suo è un lavoro servile, ma lo svolge con dignità. Alla fine della tragedia conoscerà l’identità dei suoi genitori: è figlio di Creusa e del dio Apollo, ma è bene, per opportunità, che tutti credano che il padre sia Xuto, l’attuale marito di Creusa. Così anche la madre riconoscerà l’identità di Ione, e Xuto sarà tratto in inganno credendo Ione un figlio naturale avuto durante una festa bacchica. La tragedia procede per dialoghi, come fossero interrogatori: Ione e Creusa, Xuto e Ione, Creusa e un vecchio consigliere, Ione e la Pizia, Creusa e la corifea.

Il pubblico conosce già la verità. Ermes nel prologo è stato piuttosto chiaro. Ciò che è messo in scena quindi è il capovolgersi delle certezze dei personaggi agli occhi degli spettatori. Per esempio dapprima Creusa crede che Ione sia figlio biologico di Xuto, poi viene a conoscenza che Ione è il figlio che ha abbandonato appena nato; Ione dapprima accoglie Xuto come legittimo padre, poi deve credere alla versione di Creusa, testimoni gli oggetti della cesta in cui da piccolo era stato lasciato al suo destino. La versione di Xuto è l’unica che rimane salda per convenienza, per comodità e opportunismo: Xuto agli occhi della comunità ateniese dovrà essere il legittimo padre del ragazzo. Il deus ex machina, Atena, a fine tragedia, profetizzando un futuro di capostipite di popoli (i popoli della Ionia, appunto) e una parentela con i Dori e Achei per parte di Xuto, impone il silenzio sulla vera paternità.

Ciò che trovo interessante nella tragedia è l’inizio. Dopo il prologo di Ermes, ci sono due lunghe scene: nella prima vediamo Ione  entrare nel tempio, spazzare l’altare e cacciare via gli uccelli che si posano sulle vittime o su ciò che di loro resta sull’altare. Svolge un lavoro servile con grande dignità, ma si rammarica di non avere genitori. Avere una discendenza chiara forse potrebbe cambiargli status sociale. Non c’è sentimentalismo, o forse è sottinteso. La condizione di figlio di nessuno non è rappresentata come una tara sentimentale o affettiva, piuttosto come un limite materiale che costringe alla servitù, servo di Apollo, ma pur sempre un sottoposto, senza futuro. Invece, riscoprire la propria nobiltà riabilita il ragazzo, a dispetto di una sua qualità intrinseca. Il futuro di Ione improvvisamente diventa quello di principe capostipite di popoli, uno che scriverà la storia di Atene, anche se nelle terre della cosiddetta Ionia.

L’ingresso di Ione ad inizio storia serve perlopiù a mostrare allo spettatore qual è l’ambientazione (il tempio di Apollo a Delfi), non lasciando fare alla scenografia, ma nominando e indicando spazi e funzioni, portando quindi una forma di realismo. Questa esigenza di realismo è mantenuta dal coro delle donne che accompagna Creusa: esso descrive i dipinti e i rilievi che si vedono dal portico del tempio, e che con probabilità erano i quadri e rilievi che realmente si trovavano a Delfi: la Gigantomacnia, Ercole contro l’Idra, Bellerofonte a cavallo di Pegaso, Atena che colpisce Encelado. Nel recinto del tempio, dove risiede il centro del mondo (mèson omfalòn) entrava il celebrante con l’offerta delle focacce, solo dopo aver sacrificato le vittime. Dentro il recinto ci sarebbe stata anche l’immagine della Gorgone, ma questa sembrerebbe un’invenzione strumentale di Euripide. L’azione scenica prende quindi avvio solo dopo questa premessa, in cui sono stati descritti un paesaggio (la fonte Castalia, il Parnaso) e i particolari rituali legati alla consultazione dell’oracolo e alle raffigurazioni di dipinti e rilievi mitologici.

©Francesco Gianino

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