un gomitolo di cause

isDall’espressione gaddiana a descrivere la testa del Ciccio Ingravallo, dalla capigliatura corvina nera di pece e crespa quasi riparargli i due bernoccoli metafisici dal bel sole d’Italia, intravedo una sofferenza, che è poi un leitmotiv nazionale, da intellettuale un tempo di sinistra sinistra, senza il senso delle cose reali e senza rivoluzione, oggi non so più di quale parte o patria: secondo cui la propensione loica abbia a soffrire il caldo della latitudine: e nella nostra bella penisola chi pensa e pensa metafisco, debba nascondere le corna dalla vista altrui, prezzo l’incomprensione, se non l’opinione da passaparola che lo farebbe addummisciuto e spratico (aveva l’aria un po’ assonnata, un’andatura greve e dinoccolata, un fare un po’ tonto come di persona che combatte con laboriosa digestione, descrive Gadda). Del bernoccolo metafisico viene data subito prova, rigo cinquantuno e seguenti: tutta la questione della causa prima o della concausa, gomitolo o napoletano gnommero, conseguente d’effetti o effetto. E Gadda si tira una pagina intera quasi pensiero fondante di una coscienza da investigatore a trecentosessanta gradi. 

Alcuni personaggi pirandelliani, quelli loci, sono un po’ come lui Ingravallo, nelle premesse. Forse qui più che Ingravallo c’è lo specchio dell’autore, una nota di vita da anni trenta (e non solo), anche se il nostro non avesse avuto tanti capelli.

Poi, e non c’èntra tanto col Pasticciaccio. Sallustio fa storia, storia morale. Le cause di un tale evento, di una guerra per esempio, sono morali: il comportamento disonesto dei rappresentati della Repubblica, per esempio. Aggiungo: le cause dei disservizi e dello spascio pubblico sono, sallustianamente parlando, il fare corrotto dei politici. Eppure, la storia morale non è storia. Per incolpare i politici non c’è necessità di leggere latino. Eppure, ancora, così racconta Sallustio nel Bellum iugurthinum, cap. XXIX: Giugurta per non intraprendere una guerra contro Roma, vuole corrompere gli emissari del senato. Il console Calpurnio, forse complice, ha inviato in Numidia un certo Scauro, valido e forte fisicamente, dotato d’ingegno, l’unica pecca è l’avidità, avaritia praepediebat. Giugurta, corrompendo Scauro (passandogli la bustarella), arriva ad un accordo grazie al quale se la cava con una multa pesantuccia, diremmo oggi; ma il tremendo non consegna il maltorto, cioè il regno sgrafignato ai fratelli.

Però, metterla così, solo con la morale non basta, non ci basta. Dietro l’avarizia di Scauro dovrebbero starci altre cause, sociali, economiche: altre forze che sovrastano formano illudono costruiscono l’identità morale di un individuo poco propenso al sacrificio in nome di un ideale: l’onestà. Queste cause, che mi sembrano solitamente assenti nella storiografia antica, non giustificano, semplicemente aiutano a comprendere come lo sfascio è sempre figlio di uno gnommero di concause.

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