La faccio lunga, tanto è l’ora del pensieri notturni, un pensiero un po’strapalato forse, ma lo metto qui, ad uso e consumo di chi vuole. Leggo Virgilio. Turno è stato raggiunto da Iride, inviata da Giunone. Iride lo sprona affinché assalga, in assenza di Enea, l’accampamento troiano.
Turno quindi, dinanzi all’apparizione prodigiosa della divinità, decide di attaccare il nemico. Sequor omina tanta, quisquis in arma vocas, questa la motivazione della sua scelta. Dopo di ciò attinge con entrambe le mani dell’acqua corrente del fiume, vicino Ardea, di cui era re, e pronuncia i voti agli dei. La scena termina con la brevissima descrizione dell’esercito in marcia, e la similitudine del verso 30 e seguenti (l’esercito nel muoversi ricorda l’impeto del fiume Gange alimentato dai suoi sette affluenti, o il fiume Nilo che, dopo aver straripato, ritorna nell’alveo).
Questi primi trenta versi del libro IX dell’Eneide mi hanno spinto a una mezza riflessione. Spesso per quanto nella vita si possa scegliere con logica e consapevolezza, capita che i fattori non presi in considerazione risultino più decisivi. E qualche volta, pur avendo preso tutte le precauzioni, è il caso o la fortuna a decidere per noi. Non sempre, ma qualche volta, e soprattutto quando non possiamo avere tutto sotto controllo, come fossimo in battaglia. E altre volte, una scelta fatta per passione e irrazionalità, risulta più vincente rispetto a quella razionale e ponderata. Turno lo sa, sa che ogni scelta ha un margine di errore, e che l’unico modo per essere sicuri di aver scelto bene è seguire l’irrazionale. Se qualcosa di misterioso e di irrazionale mi smuove e dà la forza per mettere su un esercito, allora è arrivato il momento di scegliere.
Certo, Turno morirà. Ma non è importante questo. Poteva vincere. Il duello finale con Enea deciderà il destino di Roma. Ma ciò che mi interessa sottolineare è il fatto che la scelta della guerra sia stata fatta perché Turno è stato convinto da un prodigio, l’apparizione di Iride, appunto. Senza prodigio, egli non si sarebbe mosso. Sarebbe stato meglio, direbbe qualcuno. No, perché non sarebbe stato Turno e io non potrei ricordarlo. Essere il nemico dell’eroe principale, anche questo è un privilegio.
Il prodigio (omen) smuove Turno; il prodigio, un’altra apparizione smuoverà Paolo di Tarso; quanti prodigi o meglio convinzioni tutte soggettive e scientificamente indimostrabili smuovono le persone a progettare e realizzare i propri sogni? Sequor omina tanta, quisquis in arma vocas …