In un opuscolo in greco antico datato nel II secolo d. C. la tradizione manoscritta ha tramandato un testo anonimo, che narra della genealogia di Esiodo e di Omero, e di una loro gara poetica, un Certame svoltosi a Calcide, nell’Eubea, in occasione delle gare bandite per la morte di Anfidamante.
Il testo in poesia narra le varie fasi della gara poetica e infine l’incoronazione del vincitore, che risultò essere Esiodo. Il testo si conclude infine raccontando la morte dei due poeti.
Ciò che a noi potrebbe risultare poco comprensibile è il perché il Certame possa essere stato vinto da un poeta che noi comunemente oggi non leggiamo. Preferiamo l’Odissea. E poi Omero è Omero, la poesia epica per eccellenza, e lo fu anche per gli antichi. Perché dunque Esiodo merita l’incoronazione delle Muse, ancor più del maggiore narratore di tutti i tempi, colui che fece immortale Ulisse e Achille, Ettore e Penelope?
Il testo riporta la motivazione della vittoria: “Ma il re incoronò vincitore Esiodo sostenendo che era giusto che vincesse colui che esortava all’agricoltura ed alla pace e non colui che narrava di guerre e di stragi”. Nonostante il popolo avesse desiderato incoronare Omero, il re prese una decisione impopolare, prediligendo la poesia didascalica anziché quella eroica. Omero aveva superato tutte le prove, ma ad Esiodo per vincere bastò recitare una parte delle Opere, laddove si danno consigli per la semina dei campi.
Il senso della storia potrebbe essere quindi che la poesia didascalica è più utile della poesia epica. La poesia di contenuto civile è più utile, per una comunità, di una poesia che racconta l’individualità e le passioni.
Una scelta politica, quella del re. Il re di Calcide è forse il primo principe della storia dell’Occidente che usa un concorso di poesia per fare politica: Esiodo ammaestra veicolando con versi un codice comportamentale condiviso. Omero invece invita alla ribellione, alla furbizia, alla guerra. Non va bene.
Un altro particolare. Esiodo durante la gara chiede a Omero quale sia la cosa più bella nel cuore degli uomini. Omero risponde …
Tu, lettore di oggi, avresti risposto: l’amore, oppure i figli.
Non così Omero. Lui sa che l’amore non produce (solamente) cose belle nel cuore degli uomini. Elena, portò la guerra; poi Briseide, conosciamo la storia; si potrebbe obiettare che tutto sommato Penelope abbia sempre amato il suo uomo, ma la morte dei Proci, la guerra dei familiari dei pretendenti non fecero gioire il palazzo.
Alla domanda di Esiodo (“la cosa più bella nel cuore degli uomini”), Omero risponde:
“Quando la gioia domina sul popolo tutto, e i banchettanti nel palazzo ascoltano il cantore, seduti in ordine, e vicino le tavole son ricolme di pane e di carni, e attingendo il vino dal vaso il coppiere lo reca e lo versa nelle coppe. Questa a me sembra che sia nel cuore la cosa più bella”. L’amore non è nominato.
La cosa più bella è gioire, mangiare bene, con gli amici, senza gozzovigliare, ascoltando musica e poesie, bevendo vino (“bella compagnia, popcorn, pizza e cocacola, un bel divano, un bel film, questa è la cosa più bella nel cuore” in versione consumistica statunitense).
La cosa più bella è la sospensione della vita.
La cosa più bella è quindi la poesia e il vino: in una parola: il convivio.
Senza comunità in pace, non si dà gioia nel cuore. Tutto il resto è una conseguenza. Quando prevalgono invece i valori individuali mettendo in crisi la comunità, allora svanisce la pace, e comincia la guerra.
Ultima riflessione. La morte di Esiodo è una morte violenta. Due giovani sospettano che Esiodo abbia violentato la loro sorella, dunque si vendicano, lo uccidono, e ne gettano il corpo in mare. In realtà, la giovane era stata violentata dal compagno di viaggio di Esiodo, un certo Demode, il quale sarebbe stato ucciso sempre dagli stessi fratelli, dopo che la sorella si è impiccata.
E cosa è la felicità, domanda Esiodo a Omero. Questi risponde:
“Morire dopo aver sofferto il minimo e goduto il massimo”.