Sulla meditazione.

Nel secondo libro del Secretum di Francesco Petrarca, Agostino ribadisce il proprio ruolo di guida spirituale, e si appresta a fare l’elenco dei comportamenti che sono d’ostacolo ad una vita serena. Così come aveva fatto Virgilio con Dante, pur in modalità differente, anche Agostino guida Francesco attraverso i suoi peccati. Ma prima d’iniziare è fatta una premessa. Il nemico è invisibile, come un esercito la cui forza è sottostimata, eppure circonda e smantella a poco a poco le difese. La metafora bellica serve a mostrare quale sarà il compito della guida spirituale. Prima che ci sia la sconfitta, Agostino svelerà la natura del nemico in modo che il discepolo potrà essere iniziato alla filosofia etica. Videbis profecto cogitatio illa salubris, ad quam te nitor attollere, quot adversantibus cogitationibus victa sit. La meditazione capace di dare salute (cogitatio illa salubris) è disabilitata da un nemico subdolo e mascherato, che promette felicità ma produce infelicità. Il nucleo di tutto il dialogo che segue si può sintetizzare nella stigmatizzazione di ogni gesto o pensiero che ha come oggetto un bene materiale o anche un’abilità intellettuale come l’eloquenza o la scienza, lontane dalla luce della meditazione sulla morte.

L’iniziazione alla felicità è iniziazione alla filosofia etica. Memento moriri, dice il filosofo etico. È questa la pietra di paragone. Recto tibi invictoque moriendum est, scrive Seneca (ep. 37). Orgoglio e fierezza. Effugere non potest necessitates, potest vincere. La filosofia etica, anche quando non è intimamente ispirata da una teologia, è rinuncia delle passioni terrestri, come nel modello oraziano dell’aurea mediocritas. Affidare troppi pensieri alle cose della vita quotidiana, non ci solleverebbe dalle preoccupazioni e farebbe nascere inutili tensioni. Un pensare, invece, sotto l’ala protettrice della signora morte, è come volgere uno sguardo pacificato al mondo. Vide quos tibi mundus laqueos tendit, quot inanes spes circumvolant, quot supervacue premunt cure, dice Agostino. E Seneca aggiungerebbe: nascimur sine missione.

Petrarca non mette mai in dubbio la teologia cristiana. La fede cattolica del Petrarca è purissima, non veramente incrinata da alcun dubbio: talvolta si direbbe perfino più sicura di quella del teologo Dante, una verità interamente accolta e tranquilla. La sofferenza di Petrarca è nel dover riconoscere come male e come peccato ciò che alla sua terrestrità sensibile è più caro: nel dover sentire il male di amare Laura. (Flora).

E nei fatti, sapere che ciò che è nel mondo non dura, non abbatte o innalza Petrarca a una forma di misticismo religioso, se non si stima frutto di radicale spiritualità la cattedrale che Petrarca ha edificato usando il volgare fiorentino. Il discorso sull’eternità risulta sempre essere un po’ sbiadito e l’infelicità non nasce tanto dalla lontananza da Dio, quanto dalla difficile realizzazione di un mistico desiderio di esaltazione della dimensione terrestre. La gloria che varca i secoli è postuma, e Laura è stata un imperativo poetico. E il compromesso tra morte e immortalità ha prodotto la teologia del Canzoniere.

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