Leggo il p. 1318 dallo Zibaldone. Leopardi non definisce cosa sia la “bellezza”, (probabilmente l’avrà già fatto o non lo farà mai) bensì afferma che “intorno al giudizio del bello, non opera tanto l’assuefazione, quanto l’opinione”. In breve, un libro, una donna, un quadro, una poesia è giudicata tanto più bella quanto maggiore è la sua notorietà. Dal giudizio all’assuefazione, il passo è breve. Per dimostrare quanto affermato Leopardi chiama in causa l’esperienza quotidiana: “Chi non sa che una bellezza mediocre, ci par grande s’ella ha gran fama?”. Poi parla degli scrittori e dice: “il formare il gusto, in grandissima parte non è altro che il contrarre un’opinione… se tu cambi opinione, ecco che quella stessa opera ti dà sommo piacere, e ci trovi infinite bellezze di cui prima sospettavi.”
Quando una persona incapace a formulare un giudizio indipendente si avvicina alla bellezza, a guidarlo sarà l’opinione di qualcun altro. E può capitare che anche chi ha esperienza del bello, cambi opinione per una convenienza di giudizio, per un voler assuefarsi a qualcosa di diverso, ma di successo. Altra cosa è chiedersi cosa sia “il bello” in sé, al di là dell’opinione e della moda. Oppure, chi si pone questa domanda, è molto meno relativista di Leopardi?