Il bello, il buono e Pirandello

La commedia O di uno o di nessuno è inserita nell’edizione Mondadori delle opere teatrali di Luigi Pirandello subito dopo la versione in italiano di Liolà con testo a fronte in bellissimo siciliano agrigentino. Queste sono due opere scritte in periodi diversi: la prima durante la guerra mondiale, la seconda durante il primo dopoguerra, in pieno fascismo.

Come è solito in Pirandello, l’impressione che si riceve dalle sue storie è dell’esistenza di una necessità civile che è regola delle relazioni umane, necessità anche tragica, contro cui il protagonista si inventa una soluzione di libertà, di sopravvivenza bizzarra e stravagante. Un tizio che vorrebbe possedere la patente di jettatore, per esempio; l’altro che cambia identità per cambiare vita.

La necessità è la legge dall’egoismo e della convenienza comune: l’utile e l’onore. Dentro la gabbia dei diritti e doveri civili vive la persona perbene e benestante. Seguire le regole è l’unico modo per vivere in comunità. Il buono e il bello però vivono fuori da questa comunità.

Alla legge dell’utile si contrappone la legge della natura, scelta dalla coscienza individuale (non quella borghese), dal cuore, diremmo: un sentimento di ciò che è vero e quindi giusto: il bello e il buono che non hanno residenza nella comunità civile pirandelliana.

Ciò che è bello e giusto, e quindi il vero, agli occhi della comunità prende le forme della stravaganza, bizzarria, pazzia.

Nell’intreccio della commedia, con la sua carica di vitalità e spensierata saggezza, Liolà vive fuori dalla gabbia dell’utile egoistico e della morale comune, gestendo le scelte in mondo machiavellico, partorendo le leggi dell’agire in funzione alla verità effettuale delle cose, ma evitando che la menzogna della comunità possa danneggiare il proprio sentimento di ciò che è buono e vero.

in O di uno o di nessuno a scardinare la gabbia degli interessi è la maternità della giovane ragazza, prestatasi a fare da moglie ai due amici. Con la nascita di un figlio, di cui lei sconosce la precisa paternità, le regole implodono per gelosie e amor proprio. Nessuno vuole cedere ai propri interessi, nessuno dei due amici fa un passo avanti, pronto ad assumersi la responsabilità equivoca e sposare la ragazza. Tutt’e due si fanno i conti in tasca con la morale comune.

Nelle storie di Pirandello non scompare una verità, un fatto: il fatto. Questo vive nella coscienza, e partorisce un’altra verità, che è il giudizio e l’opinione, una controffensiva, una regola di sopravvivenza, una forma per sostenere e combattere l’altra necessità, stavolta imprevedibile, quella della natura. 

La partita è vinta uscendo dalla gabbia delle convenzioni, e ci si ritaglia uno spazio vitale fuori dal gregge.

©francesco gianino

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