muro

imagesIn certe ore
sopra un distributore di benzina
un muro nudo si illumina
e sta contro l’azzurro
come una luna.

A un certo punto uno
abita qui davvero,
e guarda in faccia queste case, e impara
a stare al mondo,
impara a parlare al muro.

Impara la lingua,
ascolta la gente in giro.
Incomincia a vedere questo posto,
a sentire
nel chiaro dei discorsi
la luce di questo muro.

(Umberto Fiori, da Esempi)

viaggio

vittorio_alfieri“Ed in fatti poi, dopo molti altri viaggi e molta più esperienza, i due soli paesi dell’Europa che mi hanno sempre lasciato desiderio di sé, sono stati l’Inghilterra e l’Italia, quella, in quanto l’arte ne ha per così dire soggiogata o trasfigurata la natura; questa, in quanto la natura sempre vi è robustamente risorta a fare in mille diversi modi vendetta dei suoi spesso tristi e sempre inoperosi governi.”

(Vittorio Alfieri, Vita)

Galantuomini

img_0121“Venuto da Girgenti ad abitare alla Marina, come allora si chiamavano quelle quattro casucce sulla spiaggia, alle cui mura, spirando lo scirocco, venivano a rompersi furibondi i cavalloni, si ricordava di quando Porto Empedocle non aveva che quel piccolo molo, detto ora Molo Vecchio, e quella torre alta, fosca, quadrata, edificata forse per presidio dagli Aragonesi, al loro tempo, e dove si tenevano ai lavori forzati i galeotti: i soli galantuomini del paese, poveretti!”

(Luigi Pirandello, Lontano)

Punto fermo

Il punto tuo nel mondo

di parole di gente

indifferente

che naviga ferma

e osserva terre lontane

di vite vicine,

il punto tuo

del mondo nostro

la sola coscienza sa

dove sia,

sbandata da marosi di desideri

che appartengono

come l’aria appartiene a tutti e tutti

potrebbero inquinarla …

il punto fermo

sei tu.

Resisti.

corpo

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“Satin salve? Minime inquit; quid enim salvi est mulieri amissa pudicitia? Vestigia viri alieni, Collatine, in lecto sunt tuo; ceterum corpus est tantum violatum, animus insons; mors testis erit. Sed date dexteras fidemque haud impune adultero fore”

(Tito Livio, Ab Urbe condita, I, 58)

televisione

220px-leonardo_sciascia“Si ama più tacere che parlare. E quasi che i lunghi silenzi davvero servano a fortificare il raro parlare, quando si parla si sa essere precisi, affilati, acuti ed arguti. L’ironia, il paradosso, l’immagine balenante e sferzante in cui si assomma un giudizio, vi sono di casa. Si capisce che oggi il rullo compressore della televisione passa anche su questo, ad ottundere se non addirittura a schiacciare: ma non ricordo conversazione più intelligente e divertente di quella che si svolgeva nelle botteghe artigiane, nei saloni dei barbieri (che erano anche accademie di chitarre e mandolini), nei circoli: i quattro circoli in cui la popolazione maschile trascorreva le serate: degli zolfatari, dei braccianti agricoli, del “mutuo soccorso”, dei “galantuomini”.

(Leonardo Sciascia, Occhio di capra, 1984)

Studio medico

 

Sdraiato sulla poltrona

l’assistente bianca e mascherata

mi porse un bicchiere di plastica,

-Faccia uno sciacquo – mi disse,

e preparò gli strumenti da cavadenti.

Il dentista inoculò il fluido anestetico

nella regione guasta

ma un crac ha risvegliato tutto

dopo tanto accanimento, un crac ha rivelato tutto

dopo tanto lungo intorpidimento,

per i dolci occhi dell’assistente

sorridente.

primavera

“Passai più giorno in Venezia sovittorio_alfierilissimo senza uscir di casa; e senza pure far nulla che stare alla finestra, di dove andava facendo dei segnuzzi, e qualche breve dialoghetto con una signorina che mi abitava di faccia; e il rimanente del giorno lunghissimo, me lo passava o dormicchiando, o ruminando non saprei che, o il più spesso anche piangendo, né so di che, senza mai trovar pace, né investigare né dubitarmi pure della cagione che me la intorbidava o toglieva. Molti anni dopo, osservandomi un poco meglio, mi convinsi poi che questo era in me un accesso periodico d’ogni anno nella primavera, alle volte in aprile, alle volte anche sino a tutto giugno; e più o meno durevole e da me sentito, secondo che il cuore e la mente si combinavano essere allora più o meno vuoti ed oziosi.”

(Vittorio Alfieri, Vita)

carnevale

vittorio_alfieri” … e il carnevale (a Napoli), sì per gli spettacoli pubblici, che per le molte private feste e varietà d’oziosi divertimenti, mi riusciva brillante e piacevole più ch’altro mai ch’io avessi veduto in Torino. Con tutto ciò in mezzo a quei nuovi e continui tumulti, libero interamente di me, con bastanti danari, d’età diciott’anni, ed una figura avvenente, io ritrovava per tutto la sazietà, la noia, il dolore. Il mio più vivo piacere era la musica burletta del Teatro Nuovo; ma sempre pure quei suoni, ancorché dilettevoli, lasciavano nell’animo mio una lunghissima romba di malinconia”

(Vittorio Alfieri, Vita)